La prefazione di Mauro Veneroni

La locandina dell’iniziativa

Dopo aver partecipato, qualche mese fa, alle spese per la ristampa del libro di Margherita Cervi, ” Non c’era tempo per piangere” lo SPI ha deciso di finanziare la ristampa di un altro libro: “Disegnava aerei” di Annamaria Giustardi. Perché? La risposta può essere immediata, quasi ovvia. La ristampa dei libri è parte dell’impegno assunto dallo SPI di farsi promotore del culto della memoria perché siamo convinti che, senza la memoria dei suoi trascorsi, un popolo corre il rischio di smarrire la propria identità e con l’identità i propri valori. L’affermazione è giustissima ma io ho maturata la convinzione che nel contesto attuale il semplice riferimento al ricordo di un avvenimento non sia più sufficiente, è necessario andare oltre. Tempo fa ho letto in un articolo, di cui non ricordo l’autore, che è necessario acquisire la memoria della memoria. In apparenza questa frase sembrerebbe un paradosso ma a pensarci bene un paradosso non è! Non possiamo limitarci a tenere oliata la serratura della cassaforte che racchiude il nostro archivio storico: è giusto ricordare i Fratelli Cervi, è giusto ricordare l’eccidio delle Reggiane ma a questo ricordo noi dobbiamo aggiungere la ricerca degli avvenimenti che hanno reso possibili queste tragedie. Credo che davanti a noi ci sia un lavoro culturale da portare avanti molto importante. Il fascismo e il nazismo non sono stati il frutto di improvvise follie che hanno contagiato il popolo italiano e quello tedesco. Questi regimi hanno potuto nascere, crescere e consolidarsi perché hanno trovato un terreno di coltura favorevole. Pensiamo a quanto sta avvenendo nel mondo, in Europa e nel nostro Paese: xenofobia, paura del diverso, razzismo, apologia del fascismo sono, sempre più spesso, considerate dai più, semplice e legittima manifestazione di pensiero! Ora più che mai non dobbiamo commettere l’errore di pensare che la democrazia sia un fuoco, che una volta acceso non si spegnerà mai e che orrori come la Shoah e la guerra nazifascista non siano ripetibili. Io non credo alla razionalità di fondo del genere umano. La ragione cresce e consente all’uomo di compiere le scelte giuste se viene alimentata. Il cibo della ragione è la cultura. E lo SPI intende fare la sua parte in questa direzione: collaborando con le scuole, organizzando viaggi della memoria, operando sul territorio e anche finanziando la pubblicazione e la diffusione di libri. “Disegnava aerei” è il titolo di un libro che racconta una storia: quella dell’eccidio delle Reggiane del 28 luglio 1943 in cui, con modalità ancora non del tutto chiare furono uccisi dai fascisti 9 operai e tra questi c’era una donna all’ottavo mese di gravidanza. Sono stati pubblicati altri libri su quel terribile episodio, uno dei primi accaduti in Italia dopo la notte del 25 luglio in cui Mussolini fu messo in minoranza nella Riunione del Gran Consiglio del fascismo, ma questo di Annamaria Giustardi è particolare. Il racconto si dipana attorno all’esperienza di vita, alle vicende famigliari e ai sogni di un o dei caduti, Osvaldo Notari, un giovane di 16 anni che era stato assunto solo nove mesi prima dall’azienda come disegnatore. Si tratta di un libro molto bello, ben scritto che si si legge d’un fiato. Sono gli ultimi nove mesi della vita di un ragazzo che aveva solo 16 anni. Vi si colgono spaccati di vita straordinari di una famiglia ordinaria, normale che viveva con estrema dignità le difficoltà della guerra. La madre che si carica sulle spalle la maggior parte del carico famigliare perché il papà vuole resistere alla pressione del conformismo fascista e indossa la camicia più bianca che possiede nell’anniversario della marcia su Roma. E’ un antifascismo normale, il suo, non eroico ma tuttavia molto coraggioso: quella camicia bianca la pagherà cara e farà fatica a trovare lavoro. In parallelo scorrono i sogni di Osvaldo: il volo del falco, l’aquilone, l’amore per gli arei, la grande passione per il disegno. L’immensa gioia per l’assunzione alle Reggiane, per la destinazione al reparto Avio e l’orgoglio di poter aiutare la famiglia nella piena consapevolezza delle difficoltà che incontrerà in fabbrica. Una vita di fabbrica insopportabilmente condizionata dal fascismo: la miseria dei delatori, la rinuncia alla dignità dei dirigenti, le note dell’autorità di polizia fascista che impongono all’azienda la sospensione e il licenziamento dei lavoratori schedati come antifascisti: Osvaldo sopporta e tiene accesa la speranza nel futuro, nella fine della guerra, nella possibilità di continuare a disegnare aerei e di crescere professionalmente. Una speranza, la sua che andrà drammaticamente delusa. Mussolini va in minoranza nel gran consiglio del fascismo il 25 luglio del 1943 e l’atmosfera in fabbrica e fuori si fa rovente. I lavoratori si mobilitano, sentono che quanto è accaduto potrebbe rappresentare la fine del regime e vogliono manifestare. In fabbrica è entrato un reparto di bersaglieri. C’è molta confusione quel mercoledì, 28 luglio del 43, c’è chi vuole manifestare, c’è chi vuole semplicemente scappare ed ad un tratto si sentono dei colpi. Ancora non si sa chi abbia iniziato a sparare, i militari o le guardie fasciste della fabbrica, ma il risultato è terribile, nove lavoratori vengono uccisi e tra questi c’è Osvaldo, un ragazzo di 16 anni che amava disegnare aerei.